L’antifascismo è alla radice della nostra convivenza civile e democratica
L’antifascismo è alla radice della nostra convivenza civile e democraticae la Costituzione,
che nasce dalla lotta di Liberazione, ne è il cardine. Dunque, la Costituzione è
intrinsecamente antifascista.
L’antifascismo è il pilastro su cui poggia lo Stato democratico in cui oggi ci è dato vivere e
un docente, alla stregua di ogni altro funzionario statale, ha quindi il dovere di essere
antifascista.
No, non stiamo facendo sterili esercizi di sillogismo: siamo qui a riaffermare i principi
fondanti del nostro vivere insieme, in un momento storico in cui, in un paese sempre più smarrito, essi sembrano versare in una pericolosa crisi di attualità. Questo è il drammatico scenario che sempre più nettamente si staglia all’orizzonte dopo la caduta del Muro e la condanna del comunismo che, spesso esposta in termini rozzi e anacronistici, ad essa è seguita. Un’operazione sommaria e sommamente antistorica, perché volutamente incapace di valutare la siderale distanza che, sia politicamente che umanamente, separa comunismo e fascismo. E, soprattutto, un’operazione estremamente pericolosa perché, di fatto, apre la via a quella che Norberto Bobbio definiva “un’aberrante equidistanza”: quella tra fascismo e antifascismo.
Alcuni storici hanno efficacemente riassunto questo processo nella “posizione dei tre né”: né comunista, né fascista, né antifascista. Posizione inaccettabile ma che, purtroppo, oggi sembra imperversare nella discussione globale, anche grazie alla propaganda che di essa ne fa una nutrita schiera di presunti intellettuali.
Secondo l’azzeccata definizione dello storico Sergio Luzzatto, si tratta del cosiddetto
“verbo post-fascista”, di cui, negli ultimi tempi, si sono fatti interpreti varie figure
istituzionali: dall’ex presidente del Senato Pera, che definì l’antifascismo un “mito
incapacitante”, all’ex presidente del Consiglio Berlusconi, perennemente e platealmente
assente a tutte le celebrazioni del 25 aprile, per finire con i neofascisti e leghisti di oggi.
Il post-fascismo è insomma il principio ispiratore di un revisionismo storico e politico che, purtroppo, sembra oggi acquisire sempre più larghi consensi.
E con amarezza constatiamo che neanche la Scuola, che della Costituzione dovrebbe
essere il riflesso, sembra oggi essere al riparo da tale esecrabile percorso.
L’inquietante episodio avvenuto nei giorni scorsi al Liceo “Da Vinci” di Civitanova Marche
lo dimostra chiaramente: nel corso di un convegno, organizzato in collaborazione con
l’Anpi e dedicato alla presentazione del libro “Dopo Mussolini”, Matteo Simonetti,
docente (docente?) di Storia e Filosofia, già candidato con la Destra, ergendosi a paladino dei tanti rigurgiti revisionistici che sempre più sembrano avere libera voce in questo paese, e alla presenza di studenti e docenti, accusa apertamente l’autore del libro, lo storico Andrea Martini, di fare propaganda politica.
Quanto accaduto rappresenta un gravissimo vulnus alla scuola democratica e
costituzionale e per questo chiediamo che il Dirigente Scolastico Pierluigi Ansovini, in
qualità di responsabile di istituto, nonché garante dei principi fondanti della Carta
Costituzionale che nella scuola devono trovare attuazione, e i funzionari dell’USR,
sanzionino pesantemente il docente (docente?), dichiarandolo di fatto incompatibile con
i valori che la Scuola italiana ha il dovere di trasmettere ai propri studenti. In attesa che
anche i colleghi e le istituzioni scolastiche del territorio prendano posizione per
stigmatizzare l’accaduto, preoccupati ci chiediamo se si riuscirà finalmente a porre un
argine alla pericolosa ondata revisionistica che sempre più sta prendendo campo in questo paese.
Cobas – Comitati di Base della Scuola delle Marche
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